Poesia che mi guardi

Poesia che mi guardi, il nuovo documentario di creazione della regista milanese Marina Spada, sarà presentato l'11 settembre alle ore 12 - in anteprima - alle Giornate degli Autori - Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia 2009.
Proiezione speciale della sezione “Il Cinema del reale”, il documentario, girato tra Milano, Pavia e Pasturo, si ispira alla figura della giovane poetessa e fotografa Antonia Pozzi, che si lasciò morire, a soli 26 anni, il 3 dicembre del 1938.

Nel documentario (e nella realtà), la poetessa rivive oggi grazie al gruppo H5N1, i poeti di strada che credono nella pandemia poetica e, ormai da anni, interpretano sui muri la propria poesia in forma gratuita, leggera e anonima. Oltre ad essere "personaggio" del film (interpretati dagli attori Carlo Bassetti, Enrica Chiurazzi e Marco Colombo Bolla), il gruppo H5N1 ha collaborato con la regista e con le sceneggiatrici nella elaborazione dei propri personaggi e nelle loro analisi sulla poetessa Antonia Pozzi e, più in generale, sulla poesia.

Scheda del Film Poesia che mi guardi

Trailer

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Fonte: Il Sole 24 Ore - 18 ottobre 2009

Sciabolate punk.
Il film di Marina Spada sulla poetessa suicida Antonia Pozzi è pieno di riferimenti attuali, ma non ha distribuzione


Nella geometria brutale dei palazzi della periferia milanese che, come un colpo allo stomaco, respingono chi è abituato alla rotonda armonia di tanta parte d'Italia, c'è spazio per la poesia. Nelle chat di studenti con i pantaloni scampanati, le felpe aderenti col cappuccio e le borse a tracolla, come stilemi di un cartone animato giapponese, Marina Spada con il film Poesia che mi guardi fa vivere Antonia Pozzi, poetessa nata a Milano nel 1912 e morta suicida nel 1938.
Nessuno stupore per chi mastica versi: Pozzi è una figura conosciuta. La meraviglia è invece per come i versi si trasformano in film, ferendo lo spettatore con la loro moderna, bruciante, geniale attualità. «Spingo più che posso lo sguardo al limite dell'orizzonte. Mi dico: è più grande. Lo stesso provo pensando all'eternità. Sempre, ripeto a me stessa, sempre. Parola terribile. Terribile come la parola mai» recita Elena Ghiaurov, che interpreta il personaggio di Maria, leggendo le parole di un'Antonia appena tredicenne. Maria studia Pozzi senza celebrarla. È sobria e asciutta nel ricercarla dentro una Milano che non si compiace dei suoi stereotipi, che viene stanata nella metro, sul tram, negli svincoli dell'autostrada, nel sonno dei quartieri dormitorio, ordinati, spenti, slavati.
E intanto pulsano le parole. «Per troppa vita che ho nel sangue, tremo nel vasto inverno». E spoglia, invernale appare piazza del Duomo con i piccioni che dall'alto sembrano cibarsi del pavimento disegnato. Immagini geometriche, razionali, come il dibattito che Maria intavola con gli H5N1, un trio di ragazzi che, di notte, come ladri, appende versi sul muro. H5N1 è il termine tecnico per indicare l'influenza aviaria, rubato dagli studenti perché la poesia è un virus che se si diffonde diventa contagioso. La parte maschile del trio inizialmente appare scettica: bolla i lavori di Pozzi declassandoli a un tipo di poesia femminile tardo ottocentesca, legata indissolubilmente alla natura. «Restare a notte, stesa sul prato con le vene vuote, le stelle a lapidare. Imbestialita la mia carne disseccata, morta», risponde un verso di Antonia, ventenne, come una sciabolata punk. Dopo una carrellata veloce sulle foto in cui lei, rampollo di una famiglia dell'alta borghesia milanese, si esibisce amazzone a cavallo, in bicicletta, in alta montagna, la telecamera scorre sulle immagini scattate da Antonia stessa: la brughiera di Porto di Mare, ora fermata del metro, dove guarda gli operai uscire «in curvi profili» che «schiuderanno laceri varchi nella nebbia». O negli scatti in cui cenciosi bambini sono seri e non schiamazzano, come quelli che la accolgono nelle case sfrattate di via dei Cinquecento che va a visitare. Simili a quelle in cui oggi si infilano gli extracomunitari clandestini. È attuale Poesia che mi guardi, girato con un budget minimo – come già era accaduto per Forza cani e Come l'ombra –, proiettato come evento speciale alle «Giornate degli autori» di Venezia, ma per ora senza distribuzione. Speriamo che passi sui grandi schermi (a Milano ci penserà il cinema Mexico ed è prevista una programmazione anche in altre sale lombarde) e venga riversato nei dvd, perché un film così è vero, attuale e inchioda.
In questi giorni Marina Spada è a Roma. Il progetto per la sua prossima pellicola Metafisica per le scimmie, sul mondo del lavoro, – uno dei tre prescelti dall'associazione Cento autori – è alla Fabbrica dei progetti, al Festival internazionale del film di Roma, in cui i produttori incontrano i distributori. Film Kairòs, che produrrà il prossimo lavoro di Spada, ha ottenuto un finanziamento di 900mila euro dal ministero dei Beni culturali. E intanto chissà che a Roma qualcuno non superi lo scetticismo, come ha fatto il gruppo degli H5N1, per la poesia di una ragazza benestante, apprezzata come intellettuale, ma non come poeta, dal gruppo dei suoi amici storici Vittorio Sereni, Enzo Paci, Alberto Mondadori, Remo Cantoni, Dino Formaggio. «Scrivi il meno possibile – le raccomandavano –, controlla il tuo disordine emotivo». Fino a che a 26 anni decise di porre fine a quel disordine e dare corpo ad alcuni suoi versi: «E un giorno, nuda, sola, stesa supina su troppa terra starò, quando la morte avrà chiamato».

Cristina Battocletti

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Fonte: L'Unità - Edizione Nazionale, 11 settembre 2009

Versi e ceneri di celluloide, la poesia incontra il cinema

Ci sono poeti «sommersi». Poeti per una sera. Registi poeti che recitano i versi della mamma. E c’è anche Citto Maselli che declama Ungaretti e Montale a memoria: una sua passione fin dal ’43, confessa. È bello che il carrozzone rumoroso e distratto di Venezia 2009 sia riuscito persino a trovare uno spazio di «silenzio» per la poesia. È successo l’altra sera con un reading aperto a tutti, dal sapore anni Settanta. A fare da accompagnamento «live» ad una manciata di documentari italiani che, qui al festival, hanno portato la memoria dimenticata dei nostri poeti.
Come Poesia che mi guardi, di gran lunga il migliore, che evoca la figura della poetessa milanese Atonia Pozzi, morta suicida nel ’38, all’indomani della promulgazione delle leggi razziali. E a firmarlo è anche una donna: Marina Spada, regista milanese autarchica e combattiva che nella poesia ha sempre navigato. Lo testimoniano i titoli dei suoi precedenti film: Forza cani da Nanni Balestrini e Come l’ombra - passato come questo nel 2006 alle Giornate degli autori - da un verso di Anna Achmatova. «Ho scelto di fare questo omaggio ad Antonia Pozzi, intanto perché è una donna - spiega -. Una donna che viveva, che desiderava. E desiderare è rivoluzionario. Infatti per non tradire se stessa si è tolta la vita». Attraverso le sue poesie, la sua vita quotidiana racchiusa in immagini di repertorio il film ci accompagna alla sua scoperta. Fotografando anche il presente, la Milano di oggi e il «bisogno di poesia» che, nonostante tutto, è ancora vivo. Anche fra i giovani. A raccontarcelo è un gruppo di Pavia, gli H5N1, sigla scientifica dell’influenza Aviara. «Perché la poesia si deve diffondere come un virus», dicono i poeti che compongono i loro versi e li incollano sui muri. «Viviamo in un mondo - prosegue Marina Spada - che nega ogni forma di poesia. E quindi la libertà individuale. Siamo circondati da venti di guerra e da spinte patriottarde. Come diceva qualcuno la patria è l’ultima risorsa dei mascalzoni. Siamo arrivati davvero a toccare il fondo. Ormai non c’è più terra». Da qui la scelta coraggiosa di un film «controtendenza» - produce Renata Tardani - perché «il cinema non è un gioco per ragazzini di buona famiglia ma una responsabilità nei confronti del paese che deve formare le nuove generazioni». Un impegno che lei ha ben presente, da anni, come insegnate alla Scuola di cinema di Milano, dove ai suoi studenti oltre al cinema insegna anche la poesia.

Completamente digiuno di versi - per sua ammissione - è invece Tony D’Angelo autore di Poeti, il documentario passato in «Controcampo italiano» che ha come punto di partenza lo storico raduno di Castelporziano del ’79, sorta di Woodstock della poesia, dove passarono da Gregory Corso ad Allen Ginsberg. Figlio d’arte - suo papà è il «monumento» Nino - Tony D’Angelo ha già alle sue spalle un sorprendente esordio con Una notte, viaggio in una Napoli insolita e popolata di varia umanità. Per Poeti l’impianto è lo stesso, anche se meno efficace: lo spettatore, infatti, viene accompagnato in una «trasandata» notte romana alla scoperta di poeti underground che popolano le notti di San Lorenzo. Tra bevute, versi, e il sogno di poter rifare un nuovo Castelporziano. Alle voci in libertà di questa umanità appassionata fanno da controcampo quelle dei poeti «istituzionali»: Elio Pecora, Maria Luisa Spaziani, Vito Riviello, Luciano Luisi, Dante Mafia. Su tutti il fantasma di Pasolini dalla cui voce ascoltiamo le Ceneri di Gramsci, davanti alla tomba del fondatore del nostro giornale, che riposa nel cimitero acattolico, accanto a Keats, Shelley, Corso e Amelia Rosselli. Completa il menu di «cinema e poesia», Alda Merini, una donna sul palcoscenico di Cosimo Damiano Damato, passato anche questo alle Giornate degli autori.

Gabriella Gallozzi
ggallozzi@unita.it

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Fonte: Io Donna, supplemento del Corriere della Sera, 29 agosto 2009

Una giovane autrice morta suicida, una regista battagliera. Dalle loro affinità è nato un film. Che promette di movimentare la Mostra del cinema. E risvegliare la passione per la poesia.
Vi contagerò di VERSI

Il primo film se l'era finanziato con una sottoscrizione su internet. Per il secondo ha mentito alla banca («un prestito per ristrutturare il bagno»). Per il terzo, Marina Spada ha scelto canali più ortodossi. Soldi ne ha avuti pochi ma il suo film, Poesia che mi guardi, fatto con tecniche da guerriglia del cinema indipendente, è stato selezionato dalle Giornate degli Autori che si svolgono durante la Mostra di Venezia, da anni punto di incontro di originalità poco istituzionali: niente bodyguard da queste parti, niente tappeti rossi.
La casa di Marina Spada, nel popolare quartire Stadera di Milano, lo stesso dove è cresciuta, urla le sue due passioni. La prima, il cinema, che copre due pareti, nella forma di post-it colorati, compilati, ordinati su colonne: «La spina dorsale del mio prossimo film». La seconda, la poesia: Neruda, Anne Sexton, Caproni, Ginsberg, Saba, Emily Dickinson, sugli scaffali della libreria. Passioni ora coniugate in un solo film, oggetto strano, «non di finzione, ma nemmeno solo un documentario» per raccontare una poetessa, Antonia Pozzi, nata nella buona borghesia milanese, morta suicida a 26 anni nel 1938, la donna che l'italianista Maria Corti, che la conobbe all'università, descrisse così: «Il suo spirito faceva pensare a quelle piante di montagna che possono espandersi solo ai margini dei crepacci, sull'orlo degli abissi». Un film fatto delle immagini e delle parole di Antinia (che era anche fotografa), dei filmini familiarei ma anche di un presente, questo sì finziona ma nemmeno troppo, in cui a imbattersi nell'opera della Pozzi è un collettivo di giovani poeti, gli H5N1 (il nome di laboratorio dell'influenza aviaria), che cerca di spargere il contagio del verso. Malattia che ha colpito, molto tempo fa, anche l'autrice. «La prima persona a parlarmi della Pozzi è stata la mia analista. "Guardami, sono nuda", da Il canto della mia nudità, è stato il verso della conversione. Antonia lo scrisse a 17 anni: era innamorata del suo professore di liceo, più vecchio di lei di 18 anni. innamorata dell'amore come tutti gli adolescenti, osteggiata dalla famiglia, nel 1929, momento in cui il fascismo considerava le donne bestioline disordinate emotivamente da rieducare tramite la maternità, Pozzi distillava modernità. L'amore, da quel momento, è stata la grande mancanza della sua vita».

Ed erano proprio gli uomini, compresi quelli che lei amava, a consigliarle di «scrivere pochissimo». «Luciano Anceschi ha compilato un'antologia di poesia lombarda e non la cita»: arriva quasi a indignarsi, Spada. «C'è un passo in cui è solo "la dolce Antonia", nemmeno il cognome». Un film per renderle giustizia? «Per parlare di una donna che non ha pubblicato un rigo in vita. al discorso di accettazione del Nobel Montale disse: "la poesia non ha mercato". E' così. Con la poesia sei solo davanti alle tue parole e a te stess. Il primo componimento che ho letto Howl (l'urlo) di Allen Ginsberg, a 17 anni, mi ha permesso di capire che il mondo era altra cosa dall'oratorio che frequentavo. Ho capito che esistevo, che quello che pensavo era importante e che siamo al mondo per cambiare il mondo. Tante volte ho provato sentimento per cui non avevo parole, e allora leggevo finché non arrivavo a un punto di sintesi in una frase poetica».
Prendiamo i ragazzi del contagio, gli H5N1. La sintesi loro la fanno sui muri. Cercando di riportare nelle città la bellezza che le ha abbandonate. «Me ne parlò una conoscente: aveva visto sui muri di Pavia fogli anonimi fitti di versi. Li abbiamo rintracciati su internet. Loro, dicono, fanno "poesia d'amuro" che fa il verso ad "amore". Sono tre ragazzi, due studenti di medicina, una specializzanda in lettere. Li avrei voluti nel film ma hanno declinato: "dobbiamo dare gli esami" mi hanno detto. E poi della Pozzi, dicevano, gli importava poco, roba vecchia. Pero quando sono tornata sul loro sito, quanche tempo dopo, ho trovato in apertura la sua Preghiera alla poesia». Contagiati. Anche Loro.

Paola Piacenza

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Altri articoli:


- Raffaele Guazzone, Marina Spada e la poetessa suicida, La Provincia Pavese, 17 dicembre 2009.

- Poesia che mi guardi, Il Sole 24 Ore, 11 dicembre 2009.

- Roberto Silvestri, Per non dimenticare una scrittrice attuale del secolo scorso, il manifesto, 27 novembre 2009.

- Federico Pontiggia, Recensione a Poesia che Mi Guardi, Il Fatto Quotidiano, 21 novembre 2009.

- Maurizio Porro, La poetessa milanese e i suoi versi attuali, Corriere della Sera, 20 novembre 2009.

- F.C., A Vigevano Tutti pazzi per il cinema, La Provincia Pavese, 24 settembre 2009.

- Barbara Sorrentini, Pozzi, la poetessa suicida, rivive nel film della Spada, La Repubblica, 19 settembre 2009.

- Stefania Vitulli, Antonia Pozzi, poesia in celluloide, Il Giornale, 18 settembre 2009.

- Paolo Valentino, Poesia Che Mi Guardi (Marina Spada). Che la poesia cambi il mondo, www.loudvision.it, 11 settembre 2009.

- Maria Teresa Veneziani, Milano a Venezia tra poesia, teatro, arte. Dal docu-film sul Piccolo alla vita della poetessa Antonia Pozzi, i volti della città celebrati dal Festival. Corriere della Sera - Milano, 25 agosto 2009.

- Anna Ghezzi, A Venezia i poeti “da strada” pavesi. Il gruppo H5N1 è protagonista di un documentario firmato da Marina Spada, La Provincia Pavese, 4 agosto 2009.